Altro che laurea, l’unico titolo di studi che serve è questo: lo chiedono tutte le aziende ormai

Addio alle università (pexels) - www.circuitolavoro.it
Si saluta la laurea? Ad oggi ciò che serve davvero è un titolo di studi diverso perché è molto più utile per le aziende
Per decenni ci hanno detto che la chiave del successo professionale sarebbe stata la laurea: bisognava studiare, a differenza di quanto avevano fatto le generazioni precedenti, per avere un futuro migliore assicurato. Il problema è stato poi quello di integrare tutti questi neo-laureati in un ambiente ormai saturo, ovvero il terziario, e l’incapacità di trovare personale che avesse ancora voglia di lavorare in settori come il primario, tra agricoltori e muratori.
L’idea che ci sarebbe stato un ‘futuro migliore’ e quindi, a sua volta, anche un lavoro migliore di quello che sporca le mani, non è stata altro che una cattiva retorica, sbagliata dal principio. Si partiva dal fatto che il lavoro da aratore della terra fosse inferiore a qualcos’altro che non comprendesse la fatica del corpo. In una società che funziona, ogni lavoro ha la stessa valenza, e ciò lo spiega il fatto che tantissimi neolaureati adesso sono ‘costretti’ a lavorare per qualcosa per cui non hanno studiato, perché c’è mancanza di personale in altre aree.
Cosa significa tutto questo? Che l’idea che la laurea sarebbe stata l’unica strada è stata sbagliata. Perché, vedete, lo studio è importante, ma non il titolo, o meglio, non lo studio orientato solo al titolo. Sapete quante nozioni deve imparare un agricoltore per far crescere centinaia di specie di piante?
Sono studi differenti, ma ogni lavoro ha bisogno di tanta pratica e conoscenza. Allora dovremmo riscrivere le indicazioni per le nuove generazioni, ammettendo di aver sbagliato, ma anche di poter raddrizzare il tiro. Cos’è, quindi, che ad oggi vale più di una laurea?
Il problema della saturazione del mondo del lavoro: cosa chiedono le aziende
A parlarne è anche Federico Rampini, giornalista e saggista, nonché tra i più noti analisti geopolitici di origini italiane. In un’intervista per il Corriere della Sera ha specificato che il trend ormai è affermato: sempre più giovani stanno dicendo addio agli atenei per scegliere percorsi tecnici e professionalizzanti.
E non per caso: il mercato del lavoro ha cominciato a premiare chi sa fare più di chi sa parlare di come si dovrebbe fare.
Addio Harvard, meglio il cantiere? Cosa sta accadendo al mondo del lavoro
L’evoluzione culturale e sociale della Generazione Z fa sì che i nuovi lavoratori si approccino in modo differente al mondo accademico.
Il titolo tecnico-professionale ad oggi è la nuova frontiera: si guadagna di più e prima. Dietro i cali di iscrizioni ad Harvard c’è un fenomeno molto più ampio, che sta toccando l’America, ma che si riferisce anche all’Italia.
“La Generazione Z si sta disamorando del titolo universitario perché scopre che è molto meglio essere abilitati a una professione di tipo tecnico-manuale” spiega il saggista. Un +23% sulle iscrizioni agli istituti tecnico-professionali segna una nuova epoca: il capomastro edile guadagna in media 10mila dollari in più rispetto a un contabile, ha spiegato Rampini.
Anche in Italia la storia è questa, le imprese cercano disperatamente diplomati tecnici e ITS e non li trovano. Tra i profili più richiesti: tecnici meccanici, elettronici, del turismo, dell’agroalimentare e dell’edilizia. Per anni hanno venduto l’illusione che un titolo valesse una carriera. Ma oggi il mondo del lavoro è saturo, competitivo, frammentato. Questo non significa che la cultura non serva più. Tutt’altro. Ma che la società per andare avanti ha bisogno anche di pratica e concretezza e i corsi universitari dovrebbero fare un recap su ciò che riescono a dare.