Buoni pasto in smart working: cosa dice la legge e quando sono previsti

I lavoratori in smart working hanno diritto ai buoni pasto? Scopri cosa dice la normativa italiana e quando i datori di lavoro devono concederli anche per chi lavora da casa.

L’uso dei buoni pasto durante lo smart working è un tema che suscita interesse e numerosi interrogativi tra lavoratori e datori di lavoro. Con il diffondersi dello smart working, in particolare durante l’emergenza sanitaria, la questione della fruizione dei buoni pasto è diventata rilevante. Questo articolo esplora i diritti e le regolamentazioni che riguardano i buoni pasto per i lavoratori in modalità remota.

Il diritto ai Buoni Pasto in modalità remota

L’aumento del lavoro da remoto ha generato dubbi legati all’applicabilità dei benefici previsti per il lavoro in sede, come i buoni pasto. La normativa italiana non prevede un obbligo specifico per i datori di lavoro di fornire buoni pasto a chi lavora in smart working. Questo fringe benefit è generalmente regolato da contratti collettivi o da decisioni aziendali che determinano le condizioni per la sua concessione.

Normativa italiana sui Buoni Pasto

Secondo l’articolo 144, comma 3 del D.Lgs. n. 50/2016, i buoni pasto rappresentano un servizio sostitutivo della mensa aziendale offerto tramite esercizi convenzionati. Tuttavia, il Decreto del Ministero dello Sviluppo Economico n. 122/2017 non stabilisce un obbligo per i datori di lavoro di fornirli, lasciando la decisione alla contrattazione collettiva o agli accordi aziendali.

Giurisprudenza: la natura dei Buoni Pasto

La giurisprudenza italiana ha più volte chiarito che i buoni pasto sono considerati una prestazione assistenziale legata al rapporto di lavoro, ma non inclusa nel trattamento retributivo. La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 16135/2020, ha sottolineato come la concessione dei buoni pasto sia discrezionale, a meno che non sia disciplinata da accordi collettivi che stabiliscano condizioni specifiche.

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Smart working e contrattazione collettiva

La Legge n. 81/2017 (Job Act) sancisce che i lavoratori in smart working abbiano diritto a un trattamento economico non inferiore a quello previsto per chi lavora in sede, se disciplinato da contratti collettivi. Di conseguenza, se il contratto prevede buoni pasto per chi lavora in sede a determinate condizioni, queste devono essere applicate anche a chi lavora in modalità agile, qualora le condizioni siano le stesse.

L’Accordo interconfederale del 2021

Un esempio concreto di come la contrattazione collettiva possa regolare la concessione dei buoni pasto nello smart working si trova nell’accordo interconfederale del 2021 tra CIFA e CONFSAL. Questo accordo stabilisce che, per le imprese che applicano i CCNL sottoscritti dalle due organizzazioni, le condizioni per la concessione dei buoni pasto in smart working devono rispecchiare quelle applicate ai lavoratori in sede.

Decisione aziendale e prassi condivise

In assenza di contrattazione collettiva, il datore di lavoro può decidere autonomamente se concedere o meno i buoni pasto ai lavoratori in smart working. Questo può avvenire tramite accordi specifici con il dipendente o come prassi condivisa all’interno dell’azienda, basata su politiche di welfare aziendale.

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