Colloqui di lavoro: in Italia solo un’azienda su 10 indica la retribuzione prevista

In diversi Paesi degli USA invece è obbligatorio dichiarare negli annunci il salario percepito

Cerchiamo di prepararci sempre al meglio quando siamo in procinto di sostenere un colloquio di lavoro: dal modo di presentarsi al vestiario e sino alle eventuali domande scomode che potremo ricevere dal recruiter; cerchiamo insomma di essere dei candidati ideali, anche in virtù dell’attuale difficoltà di trovare un impiego.

Ma prima di sostenere il colloquio, in quanti, tra datori e aziende che assumono, dichiarano l’effettivo guadagno stabilito? In Italia è sempre stato un tema caldo e non di certo una novità, quello di non inserire nei numerosi annunci di lavoro il compenso e piuttosto di segnalarlo solo in fase di colloquio; e in quella stessa sede addirittura contrattare la retribuzione in base ai requisiti e all’esperienza del candidato. Ultimamente l’argomento è stato affrontato da Raffaele Ricciardi in un articolo pubblicato su la Repubblica, dove al riguardo confronta il diverso approccio delle aziende statunitensi e italiane.

In diversi Paesi degli Stati Uniti è già presente una legge: a New York e in Colorado è obbligatorio inserire il compenso salariale negli annunci e molte aziende come Alphabet, Ibm o Wells Fargo si sono adattate. Altre, come Microsoft, si attiveranno a partire dal prossimo anno.

Differente invece è la situazione in Italia: da una parte gli annunci pubblicati sono descrittivi in tutte le loro parti ma è spesso raro trovarne dichiarata la retribuzione (LinkedIn), oppure solo un’azienda su dieci la indica nei suoi post (Indeed). Il problema principale – come sostiene Pawel Adrjan, l’economista di Indeed – è la non trasparenza, determinata sia per cultura sia perché l’azienda tenta di pagare il meno possibile. Ciò implica che il candidato si sentirà alla strette, visto la diffusa disoccupazione nello Stivale.

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Riguardo alla poca trasparenza si pronuncia anche il co-managing partner dello studio legale Littler Italia Carlo Majer, che fa una netta distinzione tra Italia e USA. Negli Stati Uniti non solo è presente una forte pressione legata a salari diversi persino per genere e orientamento sessuale, ma la mancanza di impiego non è frequente e anzi è addirittura il candidato a scegliere il datore di lavoro.

La situazione in Europa non si discosta molto da quella italiana. Sta di fatto che dichiarare la retribuzione è segno non solo di trasparenza e affidabilità, ma anche di apertura, come sostiene Pia Sgualdino, Head of Randstad Professionals. E la visibilità dello stipendio in un annuncio implica inoltre un aumento di visualizzazioni e una maggiore percentuale di candidature, magari più interessanti e mirate, alla proposta di lavoro.

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Carla Monni
Carla Monni
Giornalista, appassionata di grafica e musicista ormai per diletto. La musica è al centro della mia professione e non solo: da anni affianco infatti la scrittura redazionale alla pratica musicale, spaziando dalla musica jazz al gospel e suonando qua e là con la mia band soul funk.