L’assenza per malattia è un diritto riconosciuto al lavoratore dipendente, ma questo non significa che possa essere esercitato senza limiti. Ogni dipendente che si assenta per motivi di salute ha diritto a un’indennità sostitutiva dello stipendio e alla conservazione del posto di lavoro, ma quando le assenze diventano troppo frequenti o lunghe, potrebbero esserci ripercussioni economiche e disciplinari.
Le normative vigenti stabiliscono dei limiti precisi per le assenze per malattia: oltre a influire sulla parte economica, esse possono avere implicazioni anche sulla continuazione del rapporto di lavoro. Ma quando il numero di giorni di malattia diventa “troppo”, queste tutele vengono meno.
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Quando i giorni di malattia sono “troppi”?
Un elemento fondamentale da tenere in considerazione è il limite dei 180 giorni di malattia nell’anno solare, non necessariamente continuativi. Una volta superata questa soglia, l’INPS interrompe il pagamento dell’indennità di malattia, che generalmente è pari al 50% della retribuzione media giornaliera dal 4° al 20° giorno e al 66,66% dal 21° al 180° giorno.
Molti contratti collettivi prevedono, però, che il datore di lavoro integri queste indennità, per evitare che la retribuzione del lavoratore subisca una riduzione eccessiva. È importante sottolineare che, una volta superati i 180 giorni, l’assenza per malattia non verrà più retribuita, pur rimanendo giustificata.
Le implicazioni per il rapporto di lavoro
Il termine di 180 giorni non riguarda solo l’indennità, ma anche la conservazione del posto di lavoro. Infatti, superato questo limite, il dipendente perde la tutela contro il licenziamento. Il datore di lavoro potrà licenziare il dipendente per eccessive assenze per malattia, anche se non sono necessariamente continuative.
Entro i 180 giorni, invece, il licenziamento è possibile solo in caso di ragioni economiche, come la cessazione dell’attività, oppure per giusta causa, come comportamenti che danneggiano il rapporto di fiducia con l’azienda.
Il rischio di compromettere il rapporto fiduciario
Sebbene la malattia sia un diritto, abusarne può compromettere il rapporto fiduciario con il datore di lavoro. Un dipendente che ha molte assenze, anche se giustificate, potrebbe trovarsi in una posizione svantaggiata quando si tratta di valutazioni per promozioni, premi o aumenti salariali.
Le assenze per malattia dovrebbero essere giustificate da necessità reali, in particolare quando si tratta di influenze stagionali o malesseri di lieve entità. Non è opportuno approfittare dei giorni di malattia per un riposo extra, soprattutto se si è sotto valutazione o si sta cercando una promozione.
Le problematiche per i contratti a termine
La situazione si complica ulteriormente per i lavoratori con contratto a termine. Questi lavoratori sono più esposti al rischio di non essere confermati in caso di malattie frequenti. Infatti, anche se la normativa protegge i dipendenti da licenziamenti per malattia entro i 180 giorni, nulla è previsto per la trasformazione del contratto da determinato a indeterminato. In questi casi, l’azienda ha piena discrezione nel valutare la situazione e decidere se procedere alla conferma del dipendente.