Quali sono le normative che regolano il diritto al lavoro e alle pause? Quante pause si possono fare durante l’orario di lavoro? E quali sono i benefici di concedere ai dipendenti delle pause regolari? Scopriamo di più in questo articolo di approfondimento.
Indice dei contenuti
Cos’è il diritto al lavoro e alle pause
Esiste una regola generale che prescrive quante pause i lavoratori possono fare in 8 ore di lavoro? La risposta è sì. Per essere produttivi e preservare il proprio benessere psico-fisico è fondamentale sospendere l’attività lavorativa per riposarsi e svagarsi, anche per breve tempo. La salute dei lavoratori è un diritto tutelato dalle leggi sul lavoro.
Quanto possono durare le pause? Sono pagate dal datore di lavoro? Quando farle? In questo articolo troverai tutte le risposte relative al tuo diritto alle pause durante la giornata di lavoro.
Normative sul diritto al lavoro e alle pause
Ogni mestiere ha le proprie specificità. Di conseguenza, non tutti i lavoratori sono tenuti a rispettare i medesimi ritmi di lavoro. A tenere conto delle caratteristiche di ciascun impiego, ci sono i CCNL, i contratti collettivi nazionali di categoria. Questi accordi, stipulati tra le organizzazioni sindacali e i rappresentanti delle aziende, stabiliscono le garanzie fornite dai datori ai lavoratori, come il monte ore, le retribuzioni di base, la distribuzione dei turni.
Certi impieghi sono organizzati da normative piuttosto rigide in materia di pause e riposi. Per esempio, i conducenti professionisti devono attenersi a un’ordinanza che prescrive loro pause di 45 minuti ogni 4 ore e mezza di guida. I videoterminalisti, cioè le persone che trascorrono molto tempo al computer per lavoro, hanno diritto a una pausa di un quarto d’ora ogni 2 ore di lavoro. Ma si tratta di indicazioni ad hoc, che tengono conto delle caratteristiche specifiche dell’attività, delle implicazioni sulla salute del lavoratore e, nel caso dei conducenti, della sicurezza stradale.
In assenza di disposizioni particolari, è la legge statale a stabilire quante pause e quale durata minima devono avere con il Decreto Legislativo n. 66 del 2003.
Durata e frequenza delle pause
Il Decreto Legislativo n. 66 del 2003, articolo 8, fornisce infatti un’indicazione generale: ove non precisato diversamente dai contratti collettivi di categoria, al lavoratore che copre un turno di più di sei ore deve essere concessa una pausa di durata non inferiore a 10 minuti “ai fini del recupero delle energie psico-fisiche e della eventuale consumazione del pasto anche al fine di attenuare il lavoro monotono e ripetitivo”. Se la giornata supera le 6 ore, è obbligatoria una pausa di almeno 1 ora, che può essere frazionata in due pause di almeno 30 minuti ciascuna.
Pausa pranzo: un diritto fondamentale
Il Decreto Legislativo 66 del 2003 non fornisce indicazioni esplicite relativamente alla durata della pausa pranzo, che è dunque materia dei contratti collettivi nazionali. Può essere di mezz’ora, di un’ora, o in alcuni casi anche di due ore.
Anche una circolare del Ministero del Lavoro (Circolare n. 8 del 2005) precisa che la pausa pranzo deve essere obbligatoriamente riconosciuta ai dipendenti che lavorano più di 6 ore. Si tratta di una sospensione dell’attività lavorativa che non rientra nel computo delle ore utili ai fini della remunerazione. In poche parole, se fai un’ora di pausa pranzo, quell’ora non viene retribuita (salvo disposizioni diverse dei contratti collettivi o individuali).
Se lavori per più di 6 ore in orario giornaliero, la pausa pranzo non può essere eliminata, nemmeno a fronte di un incremento salariale. Questo significa che il datore di lavoro non può chiederti di fare gli straordinari e saltare la pausa.
Insomma, se hai una giornata lavorativa di 8 ore, il datore di lavoro deve garantirti almeno una pausa. In genere, gli accordi prevedono una pausa pranzo che spezzi in due segmenti l’orario.
In qualunque caso, ricordati che dovrai attenerti al tuo contratto di categoria.
Eccezioni alle normative sulle pause al lavoro
Ci sono alcune categorie di lavoratori e lavoratrici per cui sono previste eccezioni alla normativa sulle pause al lavoro. Dopotutto, la tipologia di lavoro svolto può avere implicazioni diverse sia a livello fisico che mentale.
Ad esempio, i videoterminalisti, ovvero coloro che lavorano davanti a un computer per almeno 20 ore alla settimana, devono poter fare una pausa di minimo 15 minuti ogni 2 ore. Tuttavia, tale pausa può anche riguardare un semplice cambio di attività, che consenta al lavoratore di staccarsi dal videoterminale. Naturalmente, in questo caso, l’obiettivo non è solo quello del riposo, ma di prevenire disturbi visivi o posturali.
Per coloro che si occupano del trasporto di merci o persone, è previsto un riposo intermedio di 30 o 45 minuti, a seconda che l’orario di lavoro sia tra le 6 e le 9 ore, oppure superi le 9 ore. Lo scopo è garantire la sicurezza, ma anche tener conto della natura usurante del lavoro stesso.
Infine, ci sono alcune tipologie di lavoratori escluse dalle pause al lavoro di dieci minuti, poiché il loro orario è già di per sé flessibile: collaboratori familiari, dirigenti, telelavoratori e lavoratori a domicilio o lavoratori mobili.
Il ruolo delle pause nel benessere dei dipendenti
Il tempo dedicato al lavoro deve essere di qualità, se vogliamo ottenere risultati che sostengano la crescita dell’azienda. Un carico eccessivo e senza pause può essere più deleterio e controproducente di quanto si pensi.
Dunque, la pausa lavorativa è un mezzo per ritrovare energia e tutelare il benessere fisico, mentale e psicologico dei collaboratori, poiché:
- riduce lo stress;
- migliora l’umore;
- consente di alimentare il coinvolgimento tra colleghi e colleghe, per migliorarne le performance in gruppo;
- stimola la creatività;
- rinnova la motivazione;
- aiuta a ritrovare la concentrazione.
Infine, le pause al lavoro accrescono la produttività e risultano quindi molto vantaggiose anche per le aziende. Tuttavia, diversi contesti lavorativi richiedono approcci personalizzati. In fondo, i lavoratori non sono tutti uguali, ogni persona porta con sé un bagaglio di esperienze, conoscenze, abilità ed etica sul lavoro differenti.
Il diritto al lavoro e alle pause durante il lavoro remoto
La flessibilità garantita dal lavoro da remoto non significa stravolgere totalmente ritmi e modalità di lavoro. Perché è qui che interviene l’accordo individuale, che contempera le esigenze dell’azienda e del lavoratore per armonizzare l’organizzazione del lavoro. Tradotto: smart working e telelavoro non significa lavorare di notte ed essere irreperibili di giorno quando tutti gli altri colleghi d’azienda stanno lavorando. Ma può significare prendere la pausa pranzo in modo flessibile, cominciare e finire un po’ dopo o un po’ prima rispetto all’orario di timbratura del cartellino e anche avere il pieno di diritto di non essere più reperibile dopo e prima un determinato orario. Esattamente come se si fosse usciti dall’azienda.
Stesso regole valgono per le pause dal lavoro remoto durante l’orario lavorativo.