L’8 marzo: perché il lavoro femminile resta la grande priorità a cui guardare

Disparità occupazionale, retributiva e insoddisfazione

Con un gender gap che nel settore privato sfiora il 16,5%, la necessità di conciliare la sfera professionale con la cura ancora quasi esclusiva della famiglia e il conseguente rischio burnout, la Giornata Internazionale della Donna ci ricorda che l’occupazione femminile è un tema ancora troppo spesso dimenticato.

Il lavoro delle donne in Italia: i dati

Basta una fluttuazione positiva dell’occupazione per farci sperare? Forse no, dal momento che se si guardano gli ultimi dati Istat ci si può fare un quadro abbastanza chiaro: se è vero infatti che a gennaio 2023 il tasso di occupazione femminile è cresciuto dello 0,2% rispetto al mese di dicembre e dell’1,6% rispetto a gennaio 2022, le donne italiane sono ancora indietro rispetto alla media europea (62,7%) e alla soglia del 60% che stando alla Strategia di Lisbona si sarebbe dovuta raggiungere entro il 2010. Con un divario sempre più evidente tra Nord e Sud Italia, il gender gap è abbastanza evidente se si considera che il tasso di disoccupazione femminile è del 9,5%, mentre quello maschile è del 6,7%, così come la percentuale delle donne inattive che si attesta sul 42,6% contro il 25,2% degli uomini.

Gender Gap e differenza retributiva

Il divario che interessa le donne nel mondo lavorativo si esprime non solo nella percentuale di occupazione, ma anche in termini retributivi: come rivela il Focus Gender Gap 2023, l’indagine condotta da AlmaLaurea, tra i laureati di secondo livello che hanno cominciato a lavorare a tempo pieno dopo il titolo di studio, il differenziale a cinque anni è pari al 12,9%: a fronte di uno stipendio netto mensile di 1.799 euro per gli uomini, le donne guadagnano infatti 1.593 euro e a questo si aggiunge un’insoddisfazione maggiore sul luogo di lavoro.

Il lavoro di cura non retribuito

Ad emergere dall’indagine di AlmaLaurea è un altro aspetto importante quando si affronta questo tema: il divario occupazionale e retributivo tra gli uomini e le donne, infatti, aumenta in presenza di figli, dove ancora oggi la figura femminile viene penalizzata (mentre il differenziale occupazionale è pari a 22,8 punti percentuali tra quanti hanno figli, quello retributivo raggiunge il 23,6%). La cura quasi esclusiva della famiglia sembra essere ancora un fardello scomodo per la piena emancipazione delle donne, che spesso decidono di uscire dal mercato del lavoro o di ridurre la propria occupazione scegliendo un part-time. Per averne un’idea basta considerare i risultati dell’indagine Inapp-Plus: questi ultimi mostrano come dopo la nascita di un figlio la decisione di lasciare il lavoro interessi una donna su cinque (circa il 18%) di età compresa tra i 18 e i 49 anni. A permanere nella propria occupazione è solo il 43% (29% nel Sud Italia e nelle Isole). La motivazione principale che spinge la donna a questa scelta è la difficoltà di conciliare il lavoro e la cura, oltre al mancato rinnovo del contratto o al licenziamento ed infine valutazioni di opportunità e convenienza economica.

Il rischio burnout è maggiore per le donne

Disuguaglianza e disparità retributive, livelli di autorità decisionale inferiori rispetto ai colleghi maschi e programmi di avanzamento di carriera spesso inesistenti: sono questi alcuni dei fattori che conducono le donne a sperimentare una minore soddisfazione sul lavoro, oltre alla percezione di poter ambire a poche alternative di realizzazione professionale. Se a questo si aggiunge il carico mentale di dover distribuire il proprio tempo tra gli impegni professionali e quelli familiari, è facile capire perché il burnout colpisca soprattutto loro, compromettendo non solo la salute delle lavoratrici, ma esponendo i figli alla pressione psicologica connessa alla depressione e alla stanchezza delle madri.

Se pensiamo di essere quindi vicini ad una condizione di equità tra uomini e donne, i dati ci rivelano che le disparità retributive e occupazionali sono ancora troppo pesanti per la figura femminile, quest’ultima grande voce assente nel mercato del lavoro e penalizzata da una società che sembra non impegnarsi abbastanza per costruire un terreno comune su cui poter crescere, senza dover rinunciare ad esperienze fondamentali del proprio sé.

Greta Esposito
Greta Esposito
Copywriter e web editor, ho la fortuna di fare della scrittura la mia professione. Non viaggio mai senza musica in cuffia e amo le maratone di film in bianco e nero. Di cosa non posso fare a meno? Della libertà di gestire il mio tempo per dedicarmi alle mie passioni.
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