L’Istituto Nazionale di Previdenza Sociale ha reso noto l’incremento del 5,4%, frutto della rivalutazione degli stipendi in base all’indice dei prezzi al consumo. Tale variazione inciderà sull’entità delle pensioni da questo anno.
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Cambiamenti dei coefficienti dell’INPS
Per l’anno 2024, l’INPS ha apportato un aggiornamento dei coefficienti utilizzati per il calcolo delle pensioni, in seguito all’aumento del 5,4% derivante dalla rivalutazione delle retribuzioni secondo l’indice dei prezzi al consumo.
Effettivamente, a partire dal 1° gennaio 2024, l’aumento delle pensioni in base all’inflazione è stato del +5,4%. Questo valore è stato calcolato considerando la variazione percentuale degli indici Istat dei prezzi al consumo, comunicati il 7 novembre 2023, rispetto all’anno precedente.
Meccanismo di aggiornamento
Conforme al messaggio INPS n. 840/2024, la revisione dei coefficienti modifica il metodo di calcolo delle pensioni, basandosi sulla media delle retribuzioni percepite, influenzando così l’ammontare pensionistico.
Procedura di calcolo retributivo
Questo sistema è cruciale per chi ha maturato contributi entro il 31 dicembre 1995. Anche se non più utilizzato dal primo gennaio 2012, continua a essere rilevante per determinare le parti pensionistiche dei periodi lavorativi antecedenti. Il calcolo si basa su due pilastri: il totale degli anni di contribuzione e la media delle retribuzioni lorde aggiustate, riferite agli ultimi anni di lavoro.
La pensione viene definita attribuendo il 2% del reddito pensionabile per ogni anno di versamenti. Con 25 anni di contributi si ottiene il 50% dell’ultima retribuzione media, con 35 anni si incrementa al 70%, e raggiungendo 40 anni si arriva all’80%.
Struttura dell’assegno pensionistico
La pensione si divide in due sezioni principali, denominate quota A e quota B. La quota A include i contributi fino al 31 dicembre 1992. Per i dipendenti, il calcolo della quota A si basa sugli ultimi 5 anni di stipendio pre-pensionamento.
La quota B invece copre il periodo dal 1° gennaio 1993 al 31 dicembre 2011, per coloro che hanno totalizzato 18 anni di contributi al 31 dicembre 1995, o fino al 31 dicembre 1995 per chi ne aveva meno. Qui, l’importo si calcola dalla media annuale degli ultimi 10 anni di stipendio, se si possiedono almeno 15 anni di contributi al 31 dicembre 1992, o dalla media delle retribuzioni degli ultimi cinque anni più quelle percepite dal 1° gennaio 1993 fino alla pensione.
Decisioni del decreto ministeriale
Il decreto ha confermato per il 2024 la suddivisione in sei categorie per la perequazione pensionistica, ciascuna con un importo specifico. È fondamentale riconoscere che la piena rivalutazione del 100% si applica soltanto alle pensioni mensili non superiori a 2.271,56 euro lordi, quadruplicando l’importo minimo INPS del 2023, stabilito in 567,94 euro.
Pertanto, il cambiamento interessa unicamente la fascia di importo che supera dieci volte il trattamento minimo dell’INPS, impostando una percentuale di rivalutazione del 22%, a fronte del 32% dell’anno precedente.
Esempio pratico
Grazie all’anticipo del 5,40% nell’aggiustamento, una pensione iniziale di 3.715,30 euro lordi al mese, che rientra nella categoria di reddito tra 6 e 8 volte il minimo INPS all’inizio del 2024, subirà un incremento di 94,29 euro lordi, portando il totale mensile a 3.809,59 euro lordi.
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