Salario minimo 2023: il CNEL esprime parere negativo

Il Consiglio Nazionale dell'Economia e del Lavoro mette in discussione la proposta di salario minimo per il 2023, sottolineando l'importanza di un approccio ampio e inclusivo.

Il Consiglio Nazionale dell’Economia e del Lavoro (CNEL) ha pubblicato il suo primo parere sulla proposta di legge relativa al salario minimo per il 2023. In un dibattito che coinvolge molte voci diverse, il documento del CNEL offre una prospettiva importante su questa questione chiave.

L’iter parlamentare per la proposta di legge sul salario minimo è iniziato nel luglio del 2023, ma è stato sospeso prima delle ferie estive. Questa pausa è stata decisa dal Governo per affidare al CNEL uno studio approfondito prima di prendere una posizione definitiva. Il motivo di questa decisione è la vastità del dibattito e la varietà di posizioni che emergono da tutte le parti politiche e sociali.

La proposta per il salario minimo del 2023

In sintesi, la proposta di legge prevede un salario minimo per i lavoratori subordinati e per i rapporti di lavoro diversi da quelli subordinati che richiedono una protezione analoga. Questo salario minimo garantirebbe un trattamento economico di retribuzione proporzionato e sufficiente, non inferiore ai trattamenti previsti dai contratti collettivi stipulati dalle organizzazioni datoriali e sindacali più rappresentative. La soglia minima salariale sarebbe fissata a 9 euro lordi all’ora e si applicherebbe solo ai “minimi retributivi”, lasciando al contratto collettivo la regolamentazione delle altre voci retributive.

Parere negativo del CNEL: i punti chiave

Il 4 ottobre, è stato approvato e pubblicato il primo documento dell’istruttoria tecnica richiesta dal Governo Meloni al CNEL, intitolato “Inquadramento del Problema“. La CGIL ha espresso un voto contrario, mentre la UIL ha scelto l’astensione.Nel suo parere, il CNEL sembra inclinato a una posizione negativa sulla necessità di stabilire un salario minimo per legge. Il Consiglio sottolinea:

  1. L’importanza di un approccio ampio e inclusivo nel dibattito per evitare semplificazioni e strumentalizzazioni politiche.
  2. Che la povertà lavorativa è influenzata da molteplici fattori oltre al salario, come i tempi di lavoro, la composizione familiare e la tassazione.
  3. La direttiva europea 2022/2041 non obbliga gli Stati membri a fissare per legge un salario minimo e preferisce la soluzione contrattuale.
  4. La contrattazione collettiva in Italia copre il 95% dei lavoratori, superando il parametro europeo dell’80%.
  5. I ritardi nel rinnovo dei contratti collettivi non sempre indicano inadeguatezza salariale o assenza di meccanismi di vacanza contrattuale.
  6. I dati ufficiali indicano che il sistema di contrattazione collettiva nazionale supera le soglie retributive previste.
  7. La problematica della “contrattazione pirata” coinvolge principalmente sindacati non rappresentati al CNEL.
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Miglioramenti auspicati dal CNEL

Il CNEL auspica anche una maggiore informatizzazione e una miglior fruibilità dei contratti nel suo archivio, che costituisce una preziosa fonte di dati per le valutazioni.

In un momento in cui il dibattito sul salario minimo è acceso e articolato, il parere del CNEL getta nuova luce sulla questione. Mentre le discussioni continuano in Parlamento, il consiglio del CNEL fornirà un importante punto di riferimento per i legislatori e per il pubblico interessato.

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Autore
Valerio Mainolfi
Valerio Mainolfi
Specializzato in comunicazione e marketing, amante della scrittura creativa, navigo costantemente tra ambizioni future e sfide del nostro tempo, agganciato all’evoluzione illogica del mio essere.