Non è nuova la proposta della riduzione dell’orario di lavoro, al centro di un dibattito ormai diffuso a livello globale. In alcuni Paesi europei come Spagna, Belgio e Regno Unito, già 70 imprese internazionali di vari settori stanno sperimentando la settimana corta; e inoltre Stati Uniti, Australia e Nuova Zelanda hanno testato il “4 Day Week Global”, il metodo introdotto da Andrew Barnes e Charlotte Lockhart nel Regno Unito, a cui si è ispirata anche Intesa Sanpaolo.
Con oltre 74mila lavoratori in Italia e 96mila nel resto del mondo, Intesa Sanpaolo è la prima banca italiana che introduce la nuova modalità lavorativa, fulcro al momento di una trattativa con i sindacati Fabi, First Cisl, Fisac Cgil, Uilca e Unisin.
La proposta e la trattativa
L’idea proposta, compatibilmente con il contratto collettivo nazionale dei bancari Abi, mira al passaggio dai cinque giorni lavorativi convenzionali, a parità di stipendio e aumentando le ore quotidiane a nove, a quattro giorni di impiego a settimana. In questo modo le ore settimanali calerebbero a 36 rispetto alle 37 ore e mezza, come invece definito dall’articolo 104 del contratto collettivo nazionale di lavoro (Ccnl). Così facendo si guadagnerebbe inoltre un giorno libero in più a settimana, che attualmente sarebbe a scelta del lavoratore, d’accordo con il responsabile e in linea con le necessità organizzative dell’azienda.
L’unica incognita ancora da chiarire, per avere il via libera dai sindacati, è che al momento la proposta non varrebbe per tutti, ma solo per coloro che lavorano in ufficio. Le confederazioni sindacali stanno dunque cercando un equilibrio soprattutto per sopperire a tutti gli aspetti inerenti la flessibilità — non solo logistica —, a un eventuale risparmio sulle bollette, al caso spesso sollevato dello smart working e ancora al tema ampiamente sentito della crescita della produttività piuttosto che sulla diminuzione della fascia oraria.
Non ci resta che aspettare la chiusura dell’accordo, che già nelle prossime ore potrebbe definirsi.