Il mondo della scuola italiana è al centro di un dibattito sempre acceso riguardante i guadagni degli insegnanti e le prospettive di carriera rispetto ai colleghi europei. Secondo l’ultimo rapporto dell’Ocse Talis, diffuso da Invalsi, emerge un quadro complesso che merita attenzione.
Contrariamente a quanto spesso si pensa, il rapporto sottolinea che gli insegnanti italiani non sono svantaggiati rispetto ai colleghi europei, specialmente nei primi anni di carriera. Grazie agli aumenti salariali determinati dall’ultimo contratto sottoscritto dal ministro Valditara, l’Italia si piazza al quarto posto per potere d’acquisto iniziale, con uno stipendio annuo di 28.113 euro. Questo posiziona il Paese dietro ad Austria, Spagna e Svezia, ma davanti a nazioni come Francia, Finlandia e Portogallo.
La situazione migliora ulteriormente per i docenti italiani dopo i primi quindici anni di servizio. Con uno stipendio annuo di 37.139 euro, si collocano sulla parte bassa del podio, dietro ad Austria e Spagna ma davanti a Svezia, Finlandia e Portogallo.
Tuttavia, con l’avanzare degli anni e l’avvicinarsi al pensionamento, le prospettive peggiorano. L’Italia si posiziona a 43.407 euro annui, dietro a Spagna, Portogallo e Austria ma davanti a Svezia e Finlandia.
Uno dei motivi che non spinge i giovani italiani verso la professione docente è la percezione di scarso apprezzamento da parte della società, evidenzia lo studio. Lo stress è un altro elemento demotivante, accentuato in Italia per l’impegno richiesto in aula e per gli oneri burocratici.
Il rapporto evidenzia che la classe docente europea è principalmente composta da donne in età avanzata, evidenziando uno squilibrio di genere dovuto allo stereotipo che associa le donne ai lavori di cura.
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