Addio salari, “Dovete lavorare senza”: ribellarvi non servirà a nulla | Vi adeguate e basta

Attenzione alle nuove direttive per le aziende (pexels) - www.circuitolavoro.it
Le aziende dall’estate del 2026 saranno costrette a rispettare nuove leggi ferree in termini di salari, cosa cambierà per i dipendenti
Viviamo in un mondo sempre più informato. Le notizie viaggiano a ritmo di click e il lavoro non è esente da queste velocità.
In una società così mutevole, le tematiche sul tavolo dell’opinione pubblica si propagano velocemente grazie alle piattaforme come i forum e i social, e da qui, anche tutte le altre sfere ne vengono influenzate.
C’è più libertà rispetto a un tempo, ma anche molta più confusione. Il mondo del lavoro esige più rispetto, più equità e dignità.
Finalmente dall’anno prossimo, molte problematiche relative alle differenze salariali ingiustificate sul posto di lavoro andranno ad affievolirsi grazie a una lotta silente ma trasparente, che man mano mira ad arrivare al punto cardine intorno al quale gira il gender gap.
Novità sui salari a partire dal 2026
La retribuzione non è più una questione privata, almeno non del tutto, le aziende saranno costrette a lavorare senza più segreti. Dal 7 giugno 2026, in Italia, così come in UE, entra in vigore la direttiva europea 970/2023, che abolisce il cosiddetto “segreto salariale”.
Una svolta che obbliga aziende e datori di lavoro a mostrare senza troppe coperture come distribuiscono il denaro, imponendo equità in base alle corrispondenze tra le mansioni svolte: a prescindere dal genere del lavoratore, l’azienda dovrà retribuire alla stessa maniera i dipendenti. Inoltre, con la nuova legge i lavoratori potranno richiedere al datore di lavoro informazioni sui livelli salariali medi per categorie di pari mansione o valore, per capire come si è posizionati nella fascia, e se ci si potrebbe aspettare uno stipendio più alto.
Cosa accade se le aziende non rispettano l’equità salariale
Se il divario supera il 5% e non viene giustificato da motivazioni oggettive, l’azienda è tenuta ad avviare un audit salariale. In caso vengano scoperte delle differenze salariali non giustificabili, il datore di lavoro sarà costretto a risarcire il dipendente.
Le aziende dovranno poi predisporre report retributivi periodici, la cui frequenza varia tra uno e tre anni a seconda delle dimensioni aziendali, ma anche le realtà più piccole dovranno garantire trasparenza.
Tutto ciò è stato pensato come lotta al gender gap, ovvero quella profonda differenza che si respira in Italia in base al genere di appartenenza. Le donne, in generale, hanno in quasi tutti i settori uno stipendio inferiore a quello degli uomini, anche a parità di mansioni. Le statistiche spiegano che in Europa per ogni ora lavorata una donna guadagna in media circa il 12% in meno rispetto a un collega maschio di pari grado.
In Italia la situazione è ancora peggiore: l’Istat calcola che il “gender pay gap” nel privato ha sfiorato anche il 16%. Le regole cambieranno già dalla ricerca del lavoro: nelle offerte dovrà comparire obbligatoriamente la retribuzione prevista per la posizione aperta. Inoltre, durante il colloquio, sarà vietata la richiesta dello storico salariale sui precedenti impieghi perché, sempre da dati, si stima che chi parte da una posizione di svantaggio, poi ci resterebbe anche con il nuovo lavoro. Tutto ciò non sarà più possibile.