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Dove si nasconde il prezzo della benzina? Un’indagine sulle dinamiche del mercato

Il dibattito sul prezzo della benzina si fa sempre più acceso, ma le accise non sono l’unico fattore in gioco. Per capire davvero cosa influisce sul costo del carburante, è fondamentale esaminare il margine di profitto delle compagnie petrolifere.

La quotazione Platts: il vero indicatore

Il prezzo della benzina non è solo determinato dalle quotazioni internazionali del greggio. La vera base di riferimento è la quotazione Platts, che riflette il valore effettivo dei prodotti raffinati. Tuttavia, dietro questo prezzo si nasconde una complessa gestione interna delle compagnie petrolifere.

Prezzo della benzina: come si determina?

Determinare il prezzo della benzina è un processo complesso, influenzato da diverse fasi lungo l’intera catena di approvvigionamento, gestite principalmente dalle grandi compagnie petrolifere. Queste aziende controllano completamente le operazioni, inclusi gli scambi internazionali che possono essere soggetti a speculazioni finanziarie.

In pratica, ogni compagnia petrolifera gestisce sia la produzione che la vendita dei prodotti petroliferi, spesso acquistando e vendendo a se stessa attraverso le sue divisioni operative e corporate. Ciò significa che il prezzo a cui i prodotti vengono scambiati internamente può essere determinato da esigenze aziendali specifiche piuttosto che dai prezzi di mercato come quelli indicati dalla quotazione platts.

Questo “differenziale” di prezzo, però, viene mascherato dalla quotazione platts, che è un riferimento ampiamente utilizzato nel settore. Tuttavia, diventa evidente che le compagnie petrolifere spesso vendono i loro prodotti a prezzi inferiori rispetto a quelli dichiarati nei mercati aperti, soprattutto quando si tratta di vendite a distributori indipendenti, noti come pompe bianche.

Sebbene possano esserci casi di frode nel settore, è chiaro che le compagnie petrolifere non operano in perdita. Questo suggerisce che parte dei loro profitti potrebbe essere nascosta dietro la quotazione platts. Infatti, il “margine industriale lordo”, che rappresenta la parte del prezzo riservata alle compagnie, è l’unico elemento presunto nella determinazione del prezzo di vendita.

Gli operatori del settore possono vendere la benzina e il gasolio a prezzi apparentemente di costo, o addirittura sotto costo, ma è improbabile che non ci guadagnino. Le differenze di prezzo tra distributori affiliati e indipendenti possono essere attribuite a diversi fattori, inclusi i costi di logistica e distribuzione.

Per calcolare il prezzo al consumo si tiene conto del costo di acquisizione del prodotto, i costi di commercializzazione, le imposte e i ricavi industriali. Tuttavia, attribuire tutta la responsabilità dei prezzi alle accise o ridurle come unica soluzione è troppo limitativo.

In realtà, il sistema interno di gestione del prodotto, dalla produzione alla vendita finale, può favorire pratiche di determinazione dei prezzi che potrebbero non essere in linea con la libera concorrenza, specialmente quando confrontate con quelle delle pompe indipendenti.

In conclusione, il valore del “margine industriale lordo” è discutibile, poiché rappresenta solo una parte dei profitti che le compagnie petrolifere si riservano.

Come intervenire

Per affrontare con saggezza la questione dei prezzi della benzina, è essenziale individuare e monitorare attentamente qualsiasi forma di arbitraggio che potrebbe verificarsi lungo la catena di approvvigionamento. Ciò implica identificare variazioni nei prezzi rispetto a valori di riferimento comuni e obiettivi, che dovrebbero essere differenziati per tipo di prodotto, mercato e fase di commercializzazione.

In passato, si è tentato di contrastare il possibile extraprofitto derivante da queste operazioni con l’introduzione della controversa “Robin tax“. Tuttavia, è innegabile che l’ampia liquidità ha agevolato l’attività di hedging delle compagnie petrolifere, che regolarmente ricorrono a strumenti speculativi per proteggere il valore del greggio. Questo consente loro di mantenere valutazioni elevate delle loro riserve nonostante le fluttuazioni dei prezzi del greggio.

Il ruolo degli strumenti finanziari

Quindi, è evidente che la causa della mancata riduzione proporzionale dei prezzi non è esclusivamente di natura fiscale, sebbene l’impatto fiscale sia significativo in termini percentuali. Le dinamiche interne alla filiera e le strategie speculative giocano un ruolo rilevante, con le grandi società petrolifere che utilizzano una serie di strumenti finanziari per negoziare il petrolio.

Queste società spesso adottano strategie come la “Fence Strategy” per proteggersi dalle variazioni impreviste dei prezzi del greggio, acquistando contratti futures e opzioni put sul greggio e vendendo contemporaneamente opzioni call sulla stessa materia prima. Questo permette loro di proteggersi da un calo dei prezzi del greggio e di ridurre i costi operativi.

L’investimento nel petrolio è considerato attraente a causa della sua elevata volatilità, e le compagnie petrolifere agiscono sempre più come veri e propri operatori finanziari, il che può influenzare i prezzi a vantaggio dei consumatori.

Gli speculatori, attraverso l’acquisto massiccio di contratti futures, forniscono ulteriore incentivo alle compagnie petrolifere per accumulare riserve di petrolio, portando a livelli di riserva senza precedenti. Questo può comportare la vendita di riserve a prezzi superiori rispetto alle attuali quotazioni del greggio.

Una soluzione equa

La componente fiscale è certamente rilevante, ma non è l’unico fattore determinante. Si potrebbe quindi ipotizzare un meccanismo per individuare il prezzo di mercato netto delle operazioni speculative, con eventuali sovratassazioni sulle componenti di profitto ingiustificato. Questo potrebbe incentivare una maggiore concorrenza nel settore e, di conseguenza, prezzi più convenienti per i consumatori, come già avviene in Norvegia.

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