Professione Freelance: aprire la partita IVA è sempre conveniente?
La chiusura della partita IVA è una fase delicata per ogni professionista, in particolar modo quando rimangono delle operazioni attive e passive da gestire, come i compensi arretrati. In questo articolo, analizziamo la corretta procedura da seguire nella gestione dei compensi arretrati in seguito alla chiusura della partita IVA, secondo le ultime indicazioni fornite dall’Agenzia delle Entrate.
Prendiamo ad esempio il caso di un avvocato che si è trasferito all’estero e ha proceduto alla chiusura della sua partita IVA prima di aver concluso tutte le operazioni correlate. Per essere in regola con le normative fiscali italiane, l’Amministrazione finanziaria richiede che l’avvocato riattivi la sua posizione fiscale. Quando incassa effettivamente i crediti residui, deve emettere una fattura per la prestazione di lavoro autonomo e dichiarare tali redditi professionali utilizzando il modulo fiscale dell’anno di riferimento.
In linea generale, la cessazione di un’attività professionale e la conseguente chiusura della partita IVA non possono avvenire prima del completamento di tutte le operazioni in corso. Ciò significa che il professionista deve mantenere la partita IVA per garantire la conclusione dei rapporti ancora aperti anche dopo aver cessato l’attività. Infatti, secondo quanto stabilito dal terzo e quarto comma dell’articolo 35 del DPR n. 633/72, in caso di cessazione dell’attività, il contribuente deve notificarlo all’Ufficio entro 30 giorni dalla data di conclusione delle operazioni di liquidazione. Tale termine è vincolante e si applica anche agli obblighi relativi al versamento delle imposte, alla fatturazione, registrazione, liquidazione e dichiarazione.
La gestione dei compensi arretrati richiede una particolare attenzione, soprattutto quando questi sono maturati in periodi fiscali antecedenti alla chiusura della partita IVA. Secondo una Risoluzione dell’Agenzia delle Entrate, fino all’effettivo incasso del corrispettivo, il professionista deve mantenere attiva la sua partita IVA per poter garantire la corretta gestione fiscale di tali operazioni, anche in caso di trasferimento all’estero.
Nel caso i compensi vengano percepiti dopo la chiusura della partita IVA, l’Agenzia delle Entrate ha chiarito che questi entrano nella categoria dei redditi diversi. Sarà quindi necessario compilare il quadro RL del modello Redditi per assicurare una tassazione corretta delle somme incassate in ritardo. Questa disposizione assume un’importanza ancora maggiore per chi si è trasferito all’estero, suggerendo la riapertura della partita IVA in Italia per dichiarare correttamente tali compensi.
La corretta chiusura dell’attività di un professionista non si limita alla fine effettiva delle prestazioni ma richiede la completa gestione dei rapporti rimasti aperti, compresa la fatturazione e l’incasso di prestazioni precedentemente svolte. La necessità di mantenere o riattivare la partita IVA per gestire tali operazioni sottolinea l’importanza di una pianificazione accurata in fase di chiusura dell’attività professionale.
Inoltre, occorre considerare gli aspetti relativi alla doppia imposizione per chi risiede fiscalmente all’estero, valutando l’applicazione di eventuali convenzioni contro le doppie imposizioni per evitare la tassazione dei medesimi redditi in due paesi diversi.
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