Legge 104, “Paghiamo le vacanze ai vostri parenti”: decidete voi dove e quando andare

In vacanza con la legge 104, come fare (pixabay) - www.circuitolavoro.it
Con la Legge 104 si può andare in vacanza con i parenti, facendo risparmiare anche a loro: ecco tutto quello che c’è da sapere
Se si è intenzionati ad organizzare un viaggio, allora dovete sapere che la Legge 104 per le disabilità e invalidità gravi non è assolutamente un intralcio, ma anzi, un vero e proprio metodo di risparmio per tutta la famiglia, nessuno escluso.
Sappiamo, infatti, che chi ha un familiare invalido grave a casa ha la possibilità di richiedere alcune agevolazioni, come ad esempio permessi lavorativi, sconti sull’elettronica, ma anche su dispositivi funzionali alla malattia e ausili.
Cosa c’entrano le vacanze con tutto ciò?
Come prevede il decreto legislativo del 2001, in merito alla Legge 104, tutti i familiari dell’invalido possono trascorrere un periodo di vacanza accompagnandolo dove altrimenti non potrebbe recarsi in autonomia, in quanto la legge permette di usufruire del congedo straordinario retribuito. Ma vediamo nel dettaglio come fare.
Cos’è il congedo straordinario retribuito
Si tratta di un’assenza dal lavoro retribuita, concessa obbligatoriamente per legge dall’azienda, e che permette al familiare di assistere l’invalido anche in un’eventuale vacanza, non solo nel caso di visite mediche. Ciò significa che il permesso di lavoro può essere utilizzato, in modo straordinario, per farsi carico della vacanza che spetta al portatore di disabilità.
Non vengono previsti vincoli per quanto riguarda il luogo, ovvero l’assistenza può essere svolta anche in zone differente dalla propria abitazione di riferimento. Ovviamente l’obiettivo primario deve sempre rimanere l’assistenza all’invalido, ma ciò, secondo la Cassazione, può avvenire anche in caso di villeggiatura.
I requisiti da rispettare per evitare sanzioni
Il lavoratore in questione deve assistere un familiare convivente con disabilità grave (genitore, figlio, coniuge, fratello o sorella). Il congedo è sempre retribuito, quindi vale come permesso ed è coperto da contribuzione figurativa. Per essere una pratica legalmente accettata, il lavoratore va in vacanza per l’assistito, non per se stesso, quindi per continuare a prendersi cura di lui: c’è bisogno del principio di continuità di assistenza.
Gli abusi in questo senso verranno sanzionati dai controlli INPS. C’è da specificare che la Corte di Cassazione sottolinea anche che ‘garantire assistenza’ non significa presenza h24. Come riportato dagli avvocati del portale online brocardi.it, un’assistenza costante può bastare, con flessibilità che possa essere conveniente anche ai bisogni del lavoratore. Momenti di riposo dallo sforzo assistenziale non devono essere visti come momenti di vacanza: spettano di diritto, anche quando si è in viaggio. Tuttavia, deve trattarsi di un’assenza temporanea. Nel concreto, un’assenza troppo lunga sarebbe anche non conciliabile con il caregiving.