Il Bonus Renzi, introdotto nel 2014, continua a esistere anche nel 2025, sebbene in una forma evoluta. Conosciuto oggi come trattamento integrativo, questo beneficio offre fino a 100 euro mensili ai lavoratori aventi diritto. Tuttavia, il calcolo e le categorie dei beneficiari sono stati modificati nel tempo, seguendo le riforme fiscali degli ultimi anni. Vediamo nel dettaglio come funziona e chi può ancora usufruirne.
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Il Bonus Renzi: cos’è cambiato?
Dal 2020, il Bonus Renzi è stato rinominato “trattamento integrativo” e aumentato da 80 a 100 euro mensili, per un totale di 1.200 euro all’anno. La Manovra 2025 conferma la sua presenza senza cambiamenti sostanziali rispetto all’anno precedente. Tuttavia, è il sistema fiscale a essere stato riformato, con la riduzione a tre aliquote Irpef e l’accorpamento delle prime due, elementi che hanno influenzato il calcolo del bonus.
Come si trova il bonus in busta paga
Il trattamento integrativo appare in busta paga come una voce separata. Oggi il bonus è erogato ai lavoratori con un reddito fino a 15.000 euro, ma solo se l’imposta lorda supera le detrazioni da lavoro dipendente. Per i redditi compresi tra 15.001 e 28.000 euro, è previsto un beneficio parziale, calcolato in base alla differenza tra detrazioni e imposta lorda. Le principali detrazioni utili per il calcolo includono:
- Mutui per l’acquisto della prima casa (fino al 31 dicembre 2022);
- Spese sanitarie;
- Spese per lavori di ristrutturazione;
- Mutui agrari;
- Familiari a carico.
Chi può beneficiare del bonus?
Nel 2025, il Bonus Renzi è riservato ai lavoratori dipendenti con reddito fino a 15.000 euro e a chi rientra nella no tax area. Tuttavia, spetta anche a chi percepisce redditi assimilati al lavoro dipendente, inclusi:
- Soci lavoratori di cooperative;
- Lavoratori in cassa integrazione (ordinaria, straordinaria, in deroga, assegno ordinario e di solidarietà);
- Collaboratori con contratti Co.co.co;
- Stagisti e tirocinanti;
- Percettori di borse di studio o premi di studio;
- Lavoratori socialmente utili;
- Sacerdoti;
- Disoccupati con indennità Naspi, Dis-Coll o agricola;
- Lavoratrici in congedo di maternità e lavoratori in congedo di paternità.