BOCCIATI GLI AUMENTI, dovevamo ricevere 165€ in più in busta ma la Meloni ha detto No: ecco quanto prenderemo

Banconota da 500€ che brucia

Aumenti salariali: bocciata la proposta - circuitolavoro.it

La proposta c’era, i fondi anche, ma la maggioranza di voti è stata decisiva: molti lavoratori non riceveranno l’aumento come promesso.

In Italia parlare di stipendi è sempre un terreno scivoloso. Da un lato ci sono numeri che parlano chiaro – salari fermi, costo della vita in salita, confronti con l’Europa sempre un po’ impietosi. Dall’altro, ci sono sforzi – concreti, anche se spesso parziali – per provare a invertire la rotta. E il 2025, in questo senso, ha messo qualcosa sul piatto.

Gli stipendi medi, purtroppo, restano ancora lontani dai livelli dei principali partner europei. Secondo i dati OCSE e Eurostat, negli ultimi vent’anni la crescita salariale in Italia è stata tra le più lente, con potere d’acquisto che in molti casi si è ridotto.

D’altra parte ci sono tentativi di alleggerire il peso sul lavoro, come la decontribuzione prevista per il 2025: fino a 3.000€ l’anno di sconto per le madri lavoratrici con almeno due figli, con l’obiettivo di incentivare l’occupazione femminile e sostenere le famiglie. E ora, per milioni di lavoratori si parlava di un aumento di circa 156€ lordi in busta paga. Un aumento che non arriverà mai.

156€ in più in busta paga: chi vuole troppo nulla stringe

Il rinnovo del contratto collettivo 2022–2024, che prevedeva quell’aumento, è stato bocciato direttamente dai lavoratori con un ‘no’ quasi unanime. A gennaio, il 98% di chi ha votato alla consultazione referendaria interna ha detto chiaramente che quell’accordo non era accettabile. Il motivo? La cifra era troppo bassa rispetto all’aumento del costo della vita, e le risorse stanziate dallo Stato considerate del tutto inadeguate.

Mano con scritto "No!": rifiuto
Aumento degli stipendi: il No dei lavoratori e la conseguenza – circuitolavoro.it

Il ‘no’ arriva dai Ministeri e dagli stessi dipendenti

Quegli aumenti da 165€ lordi al mese riguardavano solo i dipendenti pubblici del comparto Funzioni Centrali. Insomma, ministeri, agenzie fiscali, enti centrali dello Stato. Ma anche lì, alla fine, non se ne farà nulla.

Il rifiuto è arrivato proprio dal cuore della macchina pubblica. A dire no sono stati in particolare i dipendenti dell’Agenzia delle Entrate (6.500 voti contrari), del Ministero della Giustizia (5.400), dell’Inps (5.200), del Ministero della Cultura (3.000), dell’Interno (2.400) e delle Dogane (2.300). Tutti settori che conoscono bene il lavoro amministrativo e il peso delle retribuzioni ferme.

La spinta a rigettare l’accordo è partita da sindacati come Fp-Cgil, Uilpa e USB PI, che hanno definito il voto un plebiscito. Secondo loro, il messaggio è inequivocabile: con questi stipendi non si arriva più a fine mese, nemmeno con 165 € lordi in più.

Ora chiedono di riaprire tutto, puntando il dito contro il governo e quell’aumento del 5,78% definito ‘misero’ rispetto all’inflazione reale. Palazzo Chigi, però, ha già recepito l’intesa. Resta da capire se davvero si aprirà una nuova fase o se l’occasione è già sfumata.