Ultim’ora lavoro, scatta il licenziamento al malato: da stanotte se ti ammali ti lasciano a casa | ti ritrovi con la salute cagionevole e senza stipendio

Licenziamento per malattia - circuitolavoro.it
Un lavoratore malato, nel 2025 può essere licenziato: ecco cosa sapere su questa eventualità e come comportarsi in questi casi.
C’è chi pensa che basti avere un certificato medico per essere al sicuro. Che se si è malati, il lavoro possa aspettare. Ma non è sempre così. In certi casi, nel 2025, anche una malattia può costare il posto di lavoro.
È infatti in vigore una regola poco conosciuta – ma molto concreta – che permette all’azienda di licenziare un dipendente durante l’assenza per malattia. E no, non c’entra il rendimento, né le assenze ingiustificate.
Si tratta di una delle clausole più taglienti dei contratti collettivi nazionali, che tutela non solo il lavoratore, ma anche il datore di lavoro che subisce un danno dall’assenza prolungata. Ovviamente ci sono limiti ben definiti, ma è bene conoscere questa possibilità per non trovarsi impreparati.
Come funziona la malattia per un lavoratore dipendente
Quando un dipendente si ammala, entra in gioco un sistema ben preciso. Si avvisa il medico di base, che – se lo ritiene opportuno – rilascia un certificato medico da inviare telematicamente all’INPS. Da quel momento, scatta l’assenza giustificata per malattia. Non siamo noi a dover comunicare il certificato all’azienda: ci pensa direttamente il sistema.
In genere, i primi giorni (di solito i primi tre) sono coperti dal datore di lavoro. Dal quarto in poi interviene l’INPS con un’indennità che, a seconda del contratto, può essere integrata dall’azienda. Tutto regolare, finché si rispettano le regole: bisogna essere reperibili nelle fasce orarie per eventuali visite fiscali e non si può svolgere nessun’altra attività lavorativa.
Tutto sembra funzionare, almeno in apparenza. Ma il sistema ha un punto critico che pochi conoscono. Un limite oltre il quale il lavoratore rischia di non essere più tutelato.
Quando la malattia può costarti il posto di lavoro
C’è una soglia chiamata periodo di comporto: è il limite massimo di giorni di malattia oltre il quale il datore di lavoro può licenziare il dipendente. Succede anche con certificati in regola, anche se la patologia è seria. Tutto previsto dai contratti collettivi.
Ma non è una regola rigida per tutti. Alcune categorie, come i lavoratori con disabilità riconosciuta, hanno tutele aggiuntive. In quei casi, il superamento del comporto va valutato con più attenzione, e spesso l’azienda è obbligata a cercare una mansione alternativa.
Ma facciamo un esempio pratico: Giacomo lavora in magazzino. Dopo un’operazione alla schiena, resta in malattia per mesi. Certificati a posto, tutto regolare. Ma il contratto del suo settore prevede 180 giorni di comporto. Lui ne fa 182.
Risultato? L’azienda può licenziarlo. Il certificato non basta: superata la soglia, il posto non è più garantito. Se Giacomo avesse avuto una disabilità riconosciuta, l’azienda avrebbe dovuto prima tentare una ricollocazione. Ma nel suo caso, la regola parla chiaro.